LA VITA MONASTICA

 

TERMONOLOGIA - STRUTTURE  -  PROBLEMI -  PROSPETTIVE

INTODUZIONE:

La Congregazione per gli Istituti di vita consacracta e le Società di vita apostolica, nel mese di novembre del 2008, ha celebrato la Congregazione Plenaria del Dicastero, sul tema ; la vita monastica e il suo significato nella Chiesa e nel mondo di oggi.

Con la celebrazione della Plenaria, il Dicastero si è proposto di riaffermare il valore dell'esperienza di consacrazione nel monastero, riconoscendo che tale vocazione costituisce una insostituibile ricchezza per la vita della Chiesa e per tutta la vita consacrata e di chiedere ai monaci ed alle monache un rinnovato impegno di vita, così che la loro testimonianza brilli nella Chiesa soprattutto per la trasparenza del primato di Dio, per la comunione fraterna e per il richiamo efficace ai beni futuri.

All'interno di tali finalità generali, la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, alla luce della sua esperienza e nel contesto della situazione odierna, ha inteso rivolgere la sua attenzione particolarmente alla realtà della vita claustrale femminile.

Alcune nuove condizioni che riguardano la vita religiosa in genere, come il calo delle vocazioni, l'età avanzata, il difficile discernimento vocazionale, hanno conseguenze preoccupanti anche sulla vita nei monasteri di monache. Si creano, di conseguenza, varie situazioni problematiche come, per esempio, la mancanza di persone preparate e capaci per il servizio dell'autorità e per la formazione, la preghiera liturgica troppo povera, la complessa gestione dei beni.

L'ordinamento proprio dei monasteri di monache, che comporta l'autonomia giuridica di ogni comunità, ordinariamente non riesce a garantire un superamento di dette situazioni per mezzo e all'interno della stessa comunità, anzi rende talora difficile la possibilità di intervento dell'esterno per prestare aiuto e ricercare una soluzione ai avri problemi. 

TERMINOLOGIA

E' noto che i maestri medievali, all'inizio delle loro lezioni, fossero soliti spiegare l'oggetto del loro insegnamento, al fine di evitare ogni ambiguità. Rifacendoci all'esperienza degli antichi, punto di partenza della presente relazione è la spiegazione dell'espressione * vita monastica *, in quanto questa si trova applicata a realtà diverse e, pertanto, merita alcune precisazioni.

Un primo significato di * vita monastica * coincide con la parola monachesimo e si colloca ad un livello originario di senso, quello della comunità dei monaci che vive nel monastero. In questa accezione si ha la nozione di comunità monastica in senso stretto ( nel diritto canonico latino riferita ai Benedettini e ai Certosini, monaci e monache ). 

Una seconda applicazione di vita monastica è quella che troviamo nei monastri femminili ( espressione di realtà che, al maschile, non si qualificano come monaci; ex, gr. Clarisse, Agostiniane, Dominicane, Passioniste ...)

L'origine di tale applicazione è storica in quanto la vita consacrata nella Chiesa per molti secoli è coincisa con la vita monastica, maschile e femminile, prima di differenziaresi in varie tipologie di Istituti religiosi. Tale differenziazione, che si coglie a partire dagli Ordini mendicanti, non appare nella corrispettiva espressione di consacrazione femminile.. Di conseguenza, nell'oggi della Chiesa, la nozione di vita monastica declinata al femminile, estendendone il significato originario, si applica ad un ventaglio ampio di esperienze di vita religiosa ed esprime una grande ricchezza spirituale. La conseguenza che ne deriva è che quando si parla di monastri di monache si devono considerare spiritualità e carismi diversi. A questa applicazione dell'espressione * vita monastica * corrisponderebbe meglio la dicitura * vita monache * e, di conseguenza, la nozione di comunità monache.

Una terza applicazione di * vita monastica * la troviamo intesa * stile di vita * in varie associazioni di fedli- in genere pubbliche ma alle volte anche private- che, avendo scelto alcuni aspetti tradizionali della vita vissuta nei monasteri, hanno acquistato una terminologia propria del monachesimo e del diritto monastico, pur non aspirando a diventare un monastero autonomo.

A differenza delle due prime accezioni-che riguardano membri di istituti di vita consacrata religiosi, cioè monaci e monache legati con voti pubblici, che conducono vita fraterna in comunità e sono separati dal mondo-nella terza applicazione riscontiamo l'uso improprio di espressioni come * vita monastica * e * comunità monastica *. Con precisione giuridica sarebbe corretto chiamare tali associazioni come * comunità di vita evangelica con indirizzo monastico * e qualificare il loro tenore di vita con l'espressione * stile di vita monastica *. Questo, ovviamente, non intende essere un giudizio sull'esperienza a quella vissuta nelle comunità di certi monasteri.

Una quarta applicazione dell'espressione * vita monastica * si dà in riferimento a quelle associazioni pubbluche di fedeli che nascono con finalità di diventare un monastero autonomo o una nuova forma di vita consacrata, in base al CJC can. 605. In tali associazioni, espressioni come * vita monastica * e * comunità monastica * sono assunte in modo analogico, nella prospettiva di divenire un monastero autonomo o una nuova forma di vita consacrata di ispirazione monastica alla luce della legislazione della Chiesa, con il conseguente scioglimento dell'associzione stessa, per questo detta * in itinere *.

Infine, una quinta accezione per intendere * vita monastica *; che etimologicamente e storicamente è la più risalente nel tempo, è la vita eremitica, riconosciuta dal diritto della Chiesa al CJC can. 603. Nella vita anacoretica l'esperienza del consacrato, contraddistinta da una più rigorosa separazione dal mondo, nel silenzio della solitudine e nella continua preghiera, è fatta non in un Istituto, ma singolarmente, professando pubblicamente, mediante voto o altro vincolo sacro, i tre sonsigli evangelici nelle mani del vescovo diocesano ed osservando la norma di vita sotto la sua guida.

Nella presente esposizione si tratterà dalla vita monastica nelle prime due accezioni appena enunciate, ponendo l'accento sulla vita femminile, monastica e monache, che qualifichiamo come vita claustrale.

      II.  STRUTTURE

Il monastero autonomo

   Struttura fondamentale della vita monastica è il monastero sui juris, espressione di non agevole traduzione ripresa dal Diritto Romano, indicante autonomia. 

Il monastero è una casa religiosa particolare in quanto gode di autonomia giuridica e di personalità giuridica, sede di formazione iniziale e continua, il suo superiore è un superiore maggiore, la sua comunità è stabilmente costituta, i beni del monastero sono beni ecclesiatici.

L'autonomia giuridica, per potersi ottenere, deve presupporre una reale autonomia di vita, cioè la capacità di gestire la vita del monastero in tutte le sue dimensioni ( vocazionale, formativa, governativa, gestionale, economica .. ) e detta autonomia di vita deve essere sempre costante per mantenere l'autonimoa giuridica. In altre parole, si deve quindi operare una distinzione tra monastero de jure eretto come casa autonoma e monastero che, de jure et de facto, gode di reale autonomia di vita.

Il monastero, come ogni casa religiosa, viene eretto tenuta presente l'utilità  della Chiesa e dell'Istituto. Si puntualizza che il Legislatore nell'indicare questo ( cfr. CJC CAN. 610, S1 ) pone l'utilità della Chiesa al primo posto. 

Uno dei requisiti per la fondazione del monastero riguarda il numero dei membri della comunità, che gode di stabilità anche in ragione della stessa autonomia. La tradizione ed il diritto monastico di matrice benedettina hanno insistito su un requisito numerico minimo per l'erezione di un monastero autonomo-corrispondente al numero degli apostoli + Cristo- ponendolo nel numero di dodici monaci + l'abate che, secondo la Regola di San Benedetto, fa le veci di Cristo nel monastero.

Il requisito numerico è presente- anche se non sempre di uguale entità- nella prassi del Dicastero e in tutte le espressioni del diritto proprio ( costituzioni e statuti ). 

In passato, i monasteri nascevano autonomi, mentre oggi la maggior parte dei monasteri nasce come un piccolo gruppo di monaci/ monache che, continuando a mantenere legami giuridici con la casa madre, cioè il monastero fondatore, gradatamente raggiunge i requisiti per la pienezza dell'autonomia, passando per gradi intermedi di parziale indipendenza, o per concessione del superiore maggiore o per dettato normativo proprio.

Quello che mi preme sottolineare è che, nella fondazione di unnuovo monastero, in riferimento al requisito del numero di coloro che costituiranno la comunità del futuro monastero, si punta a raggiungere tale numero per ottenere l'autonomia, alle volte anche a scapito del discernimento vocazionale. Si deve avere presente che, in origine, il numero per costituire un monastero sui juris era un numero minimo di partenza, mentre oggi sembra essere inteso come un punto di arrivo.

Inoltre, il più delle volte, non si tiene conto che, data la peculiarità del monastero sui juris come casa religiosa, il requisito numero, da solo, non è sufficiente. Relativamente al requisito del numero, si deve avere presente che un monastero è veramente autonomo quando, al suo interno, la comunità riesce ad individuare ed esplicitare chi possa esercitare il servizio dell'autorità e quello della formazione. Amche in presenza di una comunità con un numero consistente di monaci/monache, un monastero dalla cui non emerge chi possa essere il superiore, il formatore e/o l'amministratore ( e coloro che possono costituire una valida alternativa nel governo e negli altri compiti ) non è da considerare un monastero che possiede il requisito per ottenere l'autonomia.

La fondazione di nuovi monasteri di monache deve essere ben ponderata e mai soggetta all'improvvisazione. Oggi non poche comunità claustrali sperimentano, assieme al desiderio di vivere con fedeltà la loro vocazione, varie difficoltà di ordine strutturale, originate-principalmente ma non esclusivamente-o da fondazioni di monasteri avvenute senza la dovuta preparazione o dall'assenza di discernimento vocazionale e di formazione.

Tipologia dei monasteri

           Il Codice di Diritto Canonico, semplificando la precedente normativa, presenta tre forme in cui i monasteri possono venirsi a trovare, cioè; 

1. o sono congregati tra loro;

2. o sono associati ad un Istituto maschile della stessa regola e/o spiritualità;

3. o restano isolati per proprio conto.

                 Questa tripartizione si evince dalla lettura del CJC can. 615 e comporta una diversa relazione con l'autorità ecclesiale. Pertanto, quando un monastero autonomo; 

- non ha, oltre al proprio moderatore, un altro superiore maggiore ( come nel caso del monastero congregato )

- e non è consociato ad un Istituto di religiosi in modo che il superiore di questo abbia sul monastero una vera potestà definita dalle costituzioni ( come nel caso del monastero associato )

- è affidato alla peculiare vigilanza del vescovo diocesano, a norma del diritto ( è il caso del monastero isolato ).

                        In ogni specie di status giuridico ( monastero congregato, associato, isolato ) il Codice di Diritto Canonico salvaguarda l'autonomia dei monasteri, che sono case sui juris di monaci ( cfr. CJC can. 613 s1 ) e di monache ( cfr. CJC can. 613 s1 e can. 606 ).

a. Monasteri congregati.

                Con il nome di monasteri congregati - cioè uniti in congregazione monastica - intendiamo, secondo il codice del 1917 ( perchè, per scelta del Legislatore, il Codice di Diritto Canonico vigente non contiene definizioni ) l'unione di più monasteri autonomi- almeno tre- sotto l'autorità di un abate presidente.

              La congregazione monastica - che può essere maschile o femminile - è, a tutti gli effetti, un Istituto religoso - se è maschile è un Istituto clericale di diritto pontificio - con proprio capitolo generale e proprio superiore generale, che è il supremo moderatore della congregazione.

                 L'abate presidente di una congregazione monastica e superiore maggiore ( cfr CJC can. 620; per l'abbadessa presidente cfr CJC. can. 620 in combinato con CJC can. 606 )- distinto rispetto ai superiori locali dei singoli monasteri, anch'essi superiori maggiori ( cfr. CJC. can. 613 s2 )- dotato della necessaria potestà per governare la congregazione, a norma delle costituzioni della congregazione stessa. 

              L'erezione della congregazione monastica e l'approvazione delle costituzioni di tale congregazione è di competenza della Santa Sede.

                Se oggi i monasteri maschili si presentano, tranne qualche eccezione, tutti congregati, le congregazione monastiche femminile sono poche.

b. Monasteri associati;

            La consociatio , termine usato in CJC can. 614 e can. 615 ( entrambi canoni nuovi sia per il modo di esprimersi che per il contenuto ), in senso stretto è l'unione di tipo giuridico di uno o più monasteri femminili ad un Istituto maschile, pertanto le costituzioni devono determinare la potestà di cui gode il superiore dell'Istituto maschile in riferimento al monastero femminile.

           A seconda dell'Istituto di appartenenza del monastero femminile, quest'ultimo può essere associato all'Istituto religiosi maschile, che si suppone della stessa regola o almeno della medesiam spiritualità, o ad una sua provincia, oppure ad una congregazione monastica o ad un singolo monastero maschile.

             L'associazione di tipo giuridico differisce, per difetto, dal vincolo giuridico dato dalla congregazione e, per eccesso, dalla semplice aggregazione di cui al CJC can. 580, che è un rapporto molto largo con un altro istituto, soprattutto di carattere morale e spirituale. 

                Una consociazione naturale si viene a verificare quando si appartiene allo stesso ordine oppure al cosiddetto secondo ordine, anche nei casi in cui non esista alcuna dipendenza giuridica dei monasteri femminilei dall'autorità religiosa dell'ordine maschile. Pertanto i termini * associazione *, * appartenenza * e * dipendenza * non si equivalgono.

              Si deve tenere presente che lo stesso termine consociatio, non è esente da ambiguità e che si distinguono varie forme di consociatio, con relative differenze per quanto riguarda la relazione del monastero femminile associato con il superiore religioso dell'Istituto consociante: 

a. Associazione spirituale volontaria di monasteri femminili di un ordine non avente ramo maschile con un Istituto di religiosi al quale si appoggiano spiritualmente;

b. Associazione spirituale volontaria di alcuni monasteri femminili di un ordine che ha diversi rami maschili , con uno di essi oppure con un determinato monastero maschile; 

        L'elemento giuridico non viene escluso come nei casi descritti in a) e b ), ma può avere un contenuto diverso a seconda dei casi.

c. Associazione spirituale-giudica di monasteri femminili con monasteri o con Istituti maschili della stessa famiglia religiosa;

d. Associazione giuridica con l'ordine maschile, rispettando l'autonomia dei singoli monasteri femminili in quanto case sui juris, escludendo così la peculiare vigilanza del vescovo diocesano. Nel diritto monastico di matrice benedittina si usa in questi casi il termine * incorporazione *.

              Con questa premessa, è più agevole leggere il contenuto della consociatio così come è delineato nel CJC can. 614.

          I monasteri di monache consociati a un istituto maschile mantengono il proprio ordinamento ( restano monasteri sui juris, cioè case autonomo ) e il proprio governo ( la loro superiora è una superiora maggiore ad norman juris ), secondo le costituzioni ( approvate dalla Santa Sede ). 

           I reciproci diritti ed obblighi ( del monastero femminile associato e dell'istituto consociante ) siano determonati in modo che l'associazione possa giovare al bene spirituale. In tal modo il monasteri di monache associato vede tutelata la giusta autonomia di vita, specialmente di governo, riconosciuta dal Legislatore ( cfr. CJC can. 586 ), con maggiori possibilità di custodire la prpria identità in ragione di un comune patrimonio ( cfr. CJC can. 578 ) tra monastero associato ed istituto consociante.

             Il senso giuridico della consociatio viene a ricavarsi dal CJC can. 615 che, pur parlando dei monasteri isolati, specifica in senso privativo quello che l'associazione deve comportare, cioè che * il superiore di questo ( cioè dell'istituto consociante ) abbia su quel monastero ( associato ) una vera potestà definita dalle costituzioni.

               In tal modo fa intendere che, perchè la consociatio giovi al bene spirituale, ci debbano essere reciproci diritti e obblighi- che tuttavia non sono paritetici quanto al numero e al grado - in quanto il superiore dell'istituto consociante viene ad esercitare sul monastero associato veri atti di potestà, stabiliti dalle costituzioni.

c. Monasteri isolati;

                  Sono definiti come * isolati * i monasteri, maschili e femminili che non sono organicamente raggruppati in una forma congregazionale autonoma, nè, per quanto riguarda i monasteri femminili, sono legati in forma associativa ad un istituto maschile ( cfr. CJC can. 614 ). Pertanto, oltre al superiore locale, che è sempre superiore maggiore, tali monasteri non hanno altro superiore maggiore.

                      La maggior parte dei monasteri femminili nella Chiesa si presenta come monasteri isolato nel senso appena spiegato. In forza del CJC can. 615 il monastero isolato - dal momento che, oltre il proprio superiore, non ha altri superiori - è affidato alla peculiare vigilanza del vescovo diocesano, il quale la esprime nei confronti della comunità a norma dal diritto universale e tenendo conto delle costituzioni del monastero isolato, approvate dalla Santa Sede, che possono attribuire al vescovo diocesano ulteriori e particolari competenze e/o facoltà.

                     Se a motivo del suo isolamento il monastero, in forza del CJC can. 615, è affidato alla peculiare vigilanza del vescovo diocesano, il quale è autorizzato ad esercitare un controllo quasi identico alla * speciale cura * che gli spetta nei confronti degli istituti di diritti diocesano ( cfr. CJC can. 594 ), non si deve considerare il monastero isolato come un monastero diocesano.

             Infatti è diverso il titolo giuridico con cui il vescovo diocesano viene ad esprimere la peculiare vigilanza sul monastero isolato presente nella sua diocesi e la speciale cura sull'istituto di vita consacrata religioso diocesano.

d. Monasteri confederati;

                  Le federazioni di monasteri femminili si sono moltiplicate dopo la Costituzione Apostolica Sponsa Christi e sono state incoraggiate anche dal Concilio Vaticano II nel Decreto Perfectae Caritatis; Gli istituti e i monasteri * sui juris * secondo l'opportunità e con l'approvazione della santa Sede, promuovano tra di loro federazioni, se appartengono in qualche maniera alla stessa famiglia religiosa, oppure unioni, se hanno quasi uguali le costitizioni e gli usi e sono animati dallo stesso spirito, soprattutto se sono troppo esigui; oppure associazioni, se attendono alle stesse o a simili opere di apostolato. 

               Le federazioni sono diverse dalle congregazioni monastiche femminili principalmente per i seguenti motivi;

1. le federazioni, a differenza delle congregazioni monastiche femminili, non sono istituti religiosi.

2. le federazioni, a differenza delle congregazioni monastiche femminili, non sono strutture di governo ma sono strutture di comunione tra monasteri autonimi.

3. le federazioni, a differenza delle congregazioni femminili, non hanno una presidente che sia, in quanto tale, suprema moderatrice e superiora maggiore della federazione.

4. le federazioni, a differenza delle congregazioni femminili, non hanno un capitolo generale inteso come suprema potestà collegiale dell'istituto ( cfr. CJC can. 631 S1 9, ma unicamente un'assemblea federale.

                L'erezione delle federazioni dei monasteri femminili, l'approvazione dei loro statuti, l'ingresso dei singoli monasteri nella federazioni e l'uscita di un monastero dalla federazione sono di competenza della Santa Sede.

               Possono aderire ad una federazione i monasteri femminili autonomi - sia congregati, sia associati, sia isolati - senza perdere il proprio status con il divenire membri della federazione e pertanto mantenendo la loro relazione giuridica, rispettivamente con la presidente della congregazione, il superiore religioso dell'istituto consociante ed il vescovo diocesano.

                        III. VIGILANZA E CONTROLLO SUI MONASTERI FEMMINILI

             In ciascuno dei tre status in cui possono configurarsi i monasteri femminili - congregati, associati, isolati - è loro garantita la necessaria e giusta vigilanza, esercitata principalmente - ma non esclusivamente - mediante la visita regolare di un'autorità esterna ai monasteri stessi.

A norma del diritto universale e proprio, il servizio della vigilanza spetta; 

1. alla presidente della congregazione monastica femminile in riferimento alle comunità dei monasteri congregati.

2. al superiore maggiore dell'istituto maschile consociante in riferimento alla comunità del monastero femminile associato.

3. al vescovo diocesano in riferimento alle comunità dei monasteri isolati presenti nella propria diocesi.

                      Ciascun monastero femminile e affidato alla vigilanza di una sola autorità, non essendo più presente nel vigente Codice di Diritto Canonico il regime della * doppia dipendenza * , simultanea e cumulativa, cioè del vescovo e dal superiore regolare, presente in vari canoni del Codice di Diritto Canonico 1917. 

                   Per quanto riguarda i monasteri femminili associati, l'ambito e le modalità concrete per svolgere il servizio della vigilanza vanno desunti dalle proprie costituzioni, nelle quali devono essere definiti i diritti e doveri del superiore consociante e del monastero femminile associato, anche sotto l'aspetto della vigilanza.

                Per quanto riguarda i monasteri femminili isolati, la peculiare vigilanza del vescovo diocesano si esprime nei confronti della comunità del monastero principalmente nei casi stabiliti dal diritto universale, in quanto il vescovo diocesano;

a. presiede il capitolo conventuale che elegge la superiora maggiore ( cfr. CJC can. 625 S2 ).

B. Compie la visita regolare del monastero, anche per quanto riguarda la disciplina interna ( cfr. CJC can. 628 S2 n.1 ).

C. esamina, in quanto ordinario del luogo, il rendiconto annuale dell'amministrazione economica del monastero ( cfr. CJC can. 637 )

D.  dà, in quanto ordinario del luogo, il consenso scritto per particolari atti di amministrazione ( cfr. CJC can. 638 S4 )

E. Conferma l'indulto di uscita definitiva dal monastero, concesso ad una professa di voti temporanei dalla superiora maggiore con il consenso del suo consiglio ( cfr. CJC can.688 S 2 )

F. Emana il decreto di dimissione di una monaca, anche di voti temporanei ( cfr. CJC can. 699 S2 ).

                Questi casi, espressi per delineare ambito e modalità della peculiare vigilanza del vescovo diocesano, costituiscono la base dell'ambito e della vigilanza da parte del superiore dell'istituto consociante sul monastero femminile associato e devono essere presenti nelle costituzioni del monastero associato.

                         IV.    RELAZIONI TRA MONASTERI FEMMINILI E VESCOVO DIOCESANO

                     Tutti i monasteri femminili ( congregati, associati ed isolati ) fatta salva l'autonomia interna ( cfr. CJC can. 586 ) e - l'eventuale ( cfr CJC can 615 del Codice di Diritto Canonico del 1917 che riteneva esenti i monasteri femminili solo se sotto la giurisdizione del superiore regolare ) - esenzione esterna ( cfr. CJC can. 591 ) sono soggetti al vescovo diocesano, che esercita la sollecitudine pastorale nei seguenti casi;

a)  a norma del CJC can. 678 S1, la comunità del monastero femminile è soggetta alla potestà del vescovo, al quale deve devoto rispetto e riverenza in ciò che riguarda l'esercizio pubblico del culto divino, la cura delle anime ( cfr. CJC can. 392; can. 680 ) e le forme di apostolato corrispondenti alla propria indole ( cfr. CJC can. 394; can. 673; can. 674; can. 612 );

b)  a norma del CJC can. 683 S2, il vescovo diocesano, in occasione della visita pastorale o di altre visite paterne ed anche in caso di necessità, può prendere egli stesso soluzioni opportune ( cfr CJC can 1320 ) quando constata che esistono abusi e dopo che i richiami fatti alla superiora maggiore non hanno sortito alcun effetto;

c) a norma del CJC can. 609, il vescovo diocesano interviene nell'erezione del monastero dando il consenso scritto prima che venga richiesto il benstare della Santa Sede Apostolica;

d)  a norma del CJC can. 567 il vescovo diocesano interviene, in quanto ordinario del luogo, nella nomina del cappellano e, a norma del CJC can 630 S3, sempre in quanto ordinario del luogo, nell'approvazione dei confessori ordinari; 

e)  a norma del CJC can 616 S1, il vescovo diocesano interviene nella soppressione del monastero, esprimendo il proprio parere; 

f)  a norma del CJC can 687, la monaca esclaustrata rimane sotto la dipendenza e la cura dei suoi superiori e dell'ordinario del luogo.

g)  a norma del CJC can. 667 S4, il vescovo diocesano ha la facoltà per giusta causa di entrare nella clausura e di permettere, per causa grave e con il consenso della superiora maggiore, ad altre persone di entrarvi e alle monache di uscire per il tempo strettamente necessario.

                 Per i monasteri congregati e per i monasteri associati i punti di sollecitudine pastorale appena delineati costituiscono le sole forme possibili di intervento del vescovo diocesano, dal momento che devono essere salaguardati i diritti/ doveri della presidente della congregazione per i monasteri congregati e i diritti/doveri del superiore dell'istituto associante nei confronti del monastero associato. 

                 Per i monasteri isolati, i punti di sollecitudine pastorale del vescovo diocesano appena delineati sono da aggiungersi a quelli che il Codice di Diritto Canonico presenta come espressioni della peculiare vigilanza del vescovo diocesano, alla quale il monastero isolato è affidato in forza del CJC can 615.

                                     V.    PROBLEMI

1. L'autonomia giuridica dei monasteri è uno strumento di forza nei casi di comunità vive e vitale. Se tutti comprendiamo agevolmente la disrinzione tra monastero eretto come casa autonomia e monastero che gode di una reale autonomia di vita, quando si deve giungere a dichiarare che un monastero non ha più i requisiti per continuare ad essere casa autonoma, soprattutto nelle comunità ridotte a pochi membri, l'autonomia diventa fonte di problemi ed anche ostacolo all'aiuto, se la comunità del monastero sui juris non lo chiede.

                 L'aggravante è data dal fatto che, se nella fondazione di un monastero la prassi del Dicastero e la legislazione particolare degli istituti sono molto attente e precise, non sempre si ha la chiarezza sui passi da compiere, al fine di operare scelte conseguenti, nelle situazioni in cui si deve valutare se l'incapacità di gestire la vita del monastero autonomo in tutte le sue dimensioni ( vocazionale, formativa, governativa, gestionale, economica..) sia solo temporanea oppure irreversibile.

                Infatti, se l'autorità competente non interviene a declassare un monastero autonomo, rendendolo casa dipendente da altro monastero sui juris, o a sopprimerlo, il monastero eretto come casa sui juris, finchè rimane con un numero minimo di tre membri di professione perpetua/ solenne, cioè con un minimo di collegium, mantiene de jure tutta la sua peculiarità di casa autonoma che il diritto della Chiesa gli attribuisce, cioè rimane una casa di formazione, con diritto di noviziato, la sua superiora permane una superiora maggiore, ecc.

2.    Un problema legato al numero esiguo di membri della comunità del monastero è dato dalla difficoltà del ricambio della figura della superiora del monastero, con il ricorso sempre più frequente alla postulazione o, dove è previsto al livello del diritto proprio, provvedendo all'ufficio ecclesiastico mediante la nomina di una superiora amministratrice.

3.          Altra difficoltà che tocca la vita claustrale è quella di individuare persone capaci di formare. Valutando i dati che pervengono al Dicastero, si deve riconoscere che le nuove vocazioni entrano in monastero ad una età più adulta rispetto al passato ed hanoo i difetti ( immaturità e fragilità ) e i valori ( ricerca dell'essenziale ) dei giovanni d'oggi.

                 D'altra parte molte comunità sono impreparate ad accogliere nuove vocazioni, ma lo fanno ugualmente, mentre, quando non è onesto accogliere ed illudere. 

                 Il reclutamento di vocazioni in Paesi lontani, esperienza abbastanza diffusa negli ultimi tempi, è la risposta umana alla mancanza di vocazioni di molte comunità al limite della sussistenza, che sperano in tal modo di evitare la soppressione del monastero, ma comporta difficoltà di vario tipo..

                  Se la sopravvivenza del monastero diventa criterio per accogliere o procacciarsi nuove vocazioni - Papa Francesco ha parlato di tratta delle novizie - si viene ad accettare chiunque, senza un minimo discernimento vocazionale. Mentre oggi si riconosce che per tutta la vita religiosa - e a maggior ragione per la vita claustrale - il discernimento vocazionale sia divenuto più delicato e difficile anche in monasteri vivi e vitale. 

                        La vitalità della vita claustrale dipende anche dalla qualità della formazione iniziale e continua/permanente.

4.          Si è parlato del diritto/dovere di vigilanza dei vescovi diocesani sui monasteri isolati, che costituiscono la maggior parte dei monasteri di monache della Chiesa. Accanto alla maggior parte dell'episcopato che con zelo favorisce la vita claustrale, si deve fare presente che, in alcuni casi, tale diritto/dovere non è conveniente esercitato sulle comunità claustrali presenti nella diocesi. Non pochi monasteri di monache risultano non essere stati visitati canonicamente da molti anni.

                   Ci sono poi vescovi che non favoriscono la consociatio di monasteri all'istituto maschile perchè temono di * perdere il controllo * del monastero.

                  Ci sono poi dei casi in cui si assiste ad un paradosso. Il vescovo e/o il clero oppure la stessa comunità cristiana di un luogo fanno pressioni perchè un monastero rimanga aperto, anche se è noto a tutti che in esso non si viva più una vita claustrale degna di questo nome. 

5.                    Certamente l'aiuto tra i monasteri femminili, benchè risulti a volte difficile, è da portare avanti, magari con forme diverse rispetto al passato.

                          Per una comunità di pochi membri tale aiuto può essere occasione di ripresa e di rinascita quando l'autonomia di vita è parzialmente compromessa. Certamente si deve avere presente la difficoltà delle monache a lasciare il proprio monastero e a trasferirsi in altro monastero.

                                       VI.         PROSPETTIVE

1.              Le propettive si devono muovere su due fronti; uno sulla promozione della vita claustrale nelle aree di nuova evangelizzazione, dove tale realtà non è presente oppure è in espansione, uno in riferimento alle aree di antica evangelizzazione, dove la realtà della vita claustrale, nonostante lodevoli eccezioni, è in difficoltà. Nell'una e nell'altra situazione si deve esigere da parte dell'autorità competente - presidente di congregazione monastica, superiore dell'Istituto consociante, vescovo diocesano - il diritto/dovere di vigilanza e la sollecitudine pastorale.

2.               Per quanto riguarda l'erezione di nuovi monasteri isolati di istituti religiosi antichi, a partire dalle risultanze della Plenaria del Dicastero, oltre il criterio numerico già fissato nel diritto proprio, è iniziata una prassi come Congregazione nel richiedere, oltre al numero delle monache, specifiche qualità in alcuni membri della comunità del nuovo monastero in riferimento al governo, alla formazione e all'amministrazione dei beni.

3.               Per quanto riguarda l'erezione di un nuovo monastero autonomo, nato da un'associazione pubblica di fedeli * in itinere* , ereta con lo scopo di diventare monastero sui juris, è conveniente che il Dicastero non eriga con facilità dettti monasteri se sono in caso di reale novità carismatica, elevando il numero dei membri di incorporazione definitiva rispetto a quello oggi richiesto, oltre a richiedere specifiche qualità in alcuni membri, sempre in riferimento al governo, alla formazione e all'amministrazione dei beni.

                        Nell'erigere monasteri secondo questo iter, si deve stare attenti a non concedere a dette realtà il titolo di abbazia nè permettere al superiore di tali monasteri, quei segni distintivi ( croci pettorali, pastorale, uso dei pontificiali..) che per privilegio appartengono ad alcune espressioni tradizionali di monachesimo.

4.                    Per quanto riguarda i monasteri esistenti, ridotti a piccole comunità, è necessario ribadire che le nozione di monastero autonomo non può applicarsi ad ogni forma di presenza monastica, sgombrando così il campo da ogni confusione.

                     E' necessario avere presente quanto il Concilio Ecumenico Vaticano II, oltre cinquanta anni fa , ha affermato nel Decreo Perfectae Caritatis; Agli istituti invece e ai monasteri che, dopo essere stato ascoltato il parere degli ordinari del luogo interessati, a giudizio della santa Sede n offrono fondata speranza che in seguito possano rifiorire, Si proibisca di ricevere ancora novizi in avvenire, e, se sarà possibile, siano uniti ad un altro istituto o monastero più fiorente che non differisca molto nelle finalità e nello spirito ( n. 21 ) e quanto è stato stabilito nel motu proprio Ecclesiae Sanctae; Fra i criteri che possono concorrere a determinare un giudizio riguardo la soppressione di un Istituto o di un monastero, dopo aver vagliato tutte le circostanze, si porrà attenzione soprattutto ai seguenti punti nel loro insieme; il piccolo numero di religiosi relativamente agli anni d'esistenza, la mancanza di candidati da parecchi anni, l'età avanzata della maggior parte dei membri. Se si arriva a decidere la soppressione, bisogna provvedere che il gruppo sia aggregato, se sarà possibile, a un altro Istituto o monastero più fiorente che non molto differisca nelle finalità e nello spirito ( Decr. Perfectae caritatis, n 21 ). Prima sia udito ogni religioso e tutto si faccia nella carità.  ( VIII, 41 )

5. Se il monastero è in una situazione di difficoltà che appare momentanea, la sua autonomia deve essere temporaneamente sospesa, ricorrendo ad una forma di * adozione * temporanea da parte di un monastero autonomo di nome e di fatto, che lo aiuti a superare il momento difficile.

                     Se il monastero è in una situazione di difficoltà strutturale, la sua autonomia deve essere definitivamente sospesa, ricorrendo ad una forma di * tutela * che venga a preludere alla fusione o che accompagni l'estinzione. In caso di * tutela * la comunità del monastero sui juris, che è ridotto a casa dipendente, può continuare a vivere nel proprio monastero. 

6.                 La prassi del Dicastero per venire incontro a situazioni che comportano * adozione * o * tutela * ha configurato l'istituto della * affiliazione *, ancora poco conosciuto.

                L'affiliazione è una particolare forma di aiuto, che la Santa Sede viene a stabilire nelle situazioni di * adozione * e di * tutela * in favore della comunità di un monastero autonomo che presenta un'autonomia solo asserita, ma in realtà assai precaria o, di fatto, inesistente.

               L'affiliazione si configura come un sostegno di carattere giuridico che accompagna la situazione di debolezza del monastero, sia nel caso che questa sia solo temporanea ( adozione ) o irreversibile ( tutela ), aiutando la comunità del monastero affiliato a superare le difficoltà ( adozione ) o a disporre quanto è necessario per addivenire alla soppressione del monastero affiliato ( tutela ).

                   Con l'affiliazione, la Santa Sede sospende lo status di un monastero autonomo, rendendolo donec aliter provideatur casa dipendente da un altro monastero autonomo del medesimo Ordine.

                      La superiora maggiore del monastero autonomo è costituita superiora maggiore e la legale rappresentante del monastero affiliato. La superiora locale del monastero affiliato e una monaca di voti solenni, nominata ad nutum dalla superiora maggiore del monastero autonomo, con il consenso del suo consiglio, sentite le monache della comunità del monastero affiliato. 

               Il monastero affiliato può accogliere candidate alla vita claustrale ma non è sede di noviziato, che deve essere compiuto nel monastero autonomo. Nel monastero affiliato è sospesa la celebrazione dei capitoli conventuali ma resta salva la possibilità di celebrazioni di capitoli locali.

             Durante il tempo dell'affiliazione, l'economa dei due monasteri è amministrata distintamente.

              Perchè la vita claustrale possa continuare ad essere presenza vitale nella Chiesa ed avere significato per la comunità dei fedeli è necessario muovere i passi opportuni per attivare un sistema di dipendenze tra monasteri vivi e vitali e monasteri che, non potendo più essere espressione di monastero autonomo, possono ancora rimanere una presenza.

7.            Se la situazione di debolezza di una comunità monastica si presenta irreversibile e i numeri sono ridottissimi, la soluzione, dolorosa quanto necessaria, è la soppressione del monastero stesso, cioè tenuta presente l'utilità della Chiesa e dell'Istituto.

8.         L'isolamento dei monasteri deve essere superato, caldeggiando il collegamento tra loro nelle varie forme previste dal diritto oppure associandoli con maggiore vincolo giuridico agli Istituti maschili.

Perchè la vita claustrale possa continuare ad essere presenza vitale nella Chiesa ed avere significato per la comunità dei fedeli è necessario utilizzare le strutture e gli strumenti giuridici esistenti - come nel caso delle federazioni - magari rafforzandoli. Certamente è da evitare l'uscita di un monastero da una federazione senza una causa proporzionata mentre è da incentivare la collaborazione tra le federazioni di monasteri femminili.

9.           La creazione di congregazioni monastiche femminili è una possibiltà di collegamento tra monasteri forse ancora poco conosciuta, tuttavia si deve aggiungere il fatto che tale struttura di governo, facilmente ipotizzabile per i monasteri femminili che professano la Regola di San Benedetto, si presenti come una novità di non facile realizzazione parlando del collegamento tra i monasteri femminili apparteneti agli ordini mendicanti.

10.            Alle realtà di vita calustrale che conoscono l'esperienza delle federazioni, si deve andare incontro aggiungendo specifiche competenze a quelle legate all'ufficio di Presidente Federale, al consiglio e all'assemblea della Federazione.

                 Ritengo che le congregazioni monastiche femminili in quanto tali e le federazioni con alcuni poteri aggiunti possano essere un logico bilanciamento tra autonomia del monastero ed esigenze di centralismo, ponendosi come istante intermedie tra i singoli monasteri sui juris ed il Dicastero.

 CONLUSIONE

           Il Santo Padre Francesco, per celebrare i cinquanta anni della promulgazione del Decreto Perfectae Caritatis del Concilio Ecumenico Vaticano II ( 28 ottobre 1965 ) ha indetto l'Anno della Vita Consacrata, che si è aperto il 30 novembre dello scorso anno e si concluderà il 2 febbraio 2016, giornata mondiale per la vita consacrata. 

           Accanto alle varie attività in programma per detto anno c'è anche la stesura di un documento relativo alla vita claustrale nel quale potranno avere una definita collocazione legislativa le risultanze della Congregazione Plenaria del Dicastero celebrata nel 2008. 

               Infatti la legislazione sui monasteri di monache, a tutt'oggi, è retta dalla Costituzione apostolica Sponsa Christi di Papa Pio XII, pubblicata il 21 novembre 1950. Il ritardo nella pubblicazione delle conclusioni della Congregazione Plenaria del Dicastero - che riguardavano soprattutto il tema dell'autonomia dei monasteri e sulle modalità per gestire la situazione dei monasteri che non hanno più i requisiti dell'autonomia - è dovuto al fatto che sarebbe stato necessario intervenire - per integrarla - su una legge pontificia e questo non era competenza del Dicastero.

                  Papa Francesco, che come Cardinal Bergoglio è stato membro del Dicastero accogliendo i voti della Congregazione per gli Istituti di vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, in un'udienza concessa ai superiori del Dicastero si è detto disponibile alla revisione della Costituzione apostolica Sponsa Christi, sbloccando di fatto i lavori relativi al documento del Dicastero sulla vita claustrale, fermi da tempo.

 

                                                      P.Sebastiano, O.Cist.